Us Acli, avvio anno sociale
Roma, 21 settembre 2018 - I grandi cambiamenti nel mondo del calcio hanno profondamente modificato la situazione economica e sociale di questo sport. La traiettoria del pallone sembrava fino a non molto tempo fa un fenomeno razionalmente controllabile, quasi matematicamente rappresentabile, finché svariati fattori non hanno cambiato profondamente l’intento valoriale ed educativo. Se ne è parlato a fondo alla tavola rotonda ‘Il calcio italiano tra possibili innovazioni e arretratezza cronica’ in occasione dell’avvio dell’anno sociale 2018 dell’Unione Sportiva Acli.
Illustri ospiti del mondo del calcio e dei media hanno analizzato le cause e i possibili rimedi per un rilancio del calcio italiano. Tra questi, l’ex calciatore azzurro campione del mondo nel 1982, Marco Tardelli, e la ex calciatrice azzurra e tecnico dell’Under 15, Patrizia Panico. Ad aprire i lavori, il presidente dell’Us Acli, Damiano Lembo, che ha illustrato il ruolo degli Enti di promozione sportiva: “Decliniamo parole chiave come divertimento, sport, scuola - ha detto Lembo - Per nostra natura, gli Enti hanno lo scopo di evidenziare tutti gli aspetti meno legati ad agonismo e competizione pura. Tutti i nostri statuti partono dallo sport come strumento di inclusione e correzione. Lo dimostriamo facendolo ogni giorno”. A coordinare il tavolo, i giornalisti Enrico Varriale, Piercarlo Presutti e Giovanni Floris.
Il dibattito ha preso vita partendo dalle motivazioni per cui la Nazionale italiana ha fallito la qualificazione ai Mondiali di Russia 2018 e perché i nostri giovani faticano a trovare spazio nei club. La ex calciatrice azzurra Patrizia Panico ha spiegato che “il bambino o la bambina nelle scuole calcio non si divertono più. Forse viene a mancare il cortile, la strada, quello che a noi ha fatto crescere”. Al declino del calcio maschile, di pari passo la risalita del movimento femminile: “Sta aumentando l’attenzione e la voglia delle famiglie di portare le loro bambine - ha chiarito Panico - molto ha contribuito l’arrivo delle squadre professionistiche nel calcio femminile. Il processo è in continuo divenire e siamo ancora lontani dal prototipo americano, dove negli Usa è il primo sport praticato dalle donne. Ma il percorso è iniziato”.
Per Tardelli invece “le scuole calcio di oggi non si sono adattate al cortile e all’oratorio, hanno voluto cancellare quanto fatto dai vecchi ed è un errore perché la storia non si cancella mai. Raccontano ai ragazzi che bisogna lavorare di più sulla tattica, sui numeri. I ragazzi invece vogliono divertirsi dopo la scuola”. Secondo Federica Panico, la riuscita dei giovani “dipende anche da chi amministra il settore giovanile. Per esempio - ha puntualizzato la ex campionessa azzurra - a Napoli c’è una fucina infinita di giovani promesse ma le prende tutte la Juventus perché il Napoli non investe nel proprio settore giovanile”.
Secondo il giornalista Floris è anche un problema di “formazione degli allenatori, che a loro volta formano esseri umani. Servirebbe una struttura di insegnamento sportivo. Così come il problema per la Federcalcio non sono tanto i nostri dirigenti, quanto chi li sceglie. Il problema siamo sempre noi, la formazione”. Proprio sulla classe dirigente del calcio italiano, Tardelli ha sottolineato che “con il calcio che è diventato un grande business, i presidenti preferiscono i grandi manager che però non hanno l’anima di un calciatore, né l’affetto verso i tifosi e la nazionale. Non gliene frega nulla tranne i bilanci della società. Serve il ritorno delle persone che vogliono bene al calcio e ai tifosi. Non c’è più quell’anima che c’era una volta”.
Al dibattito è intervenuto anche il vicepresidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia: “Il problema - ha specificato - sono solo le scuole calcio o anche le aspettative delle famiglie di questi ragazzi? Spesso è questo che può fare venire meno la voglia dei ragazzi di giocare a calcio”. Alla tavola rotonda è seguito il panel ‘Sport dilettantistico e riforma del terzo settore, le prospettive’.